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Il Cilento tra mito e leggenda

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Il mito di Leucosia e Punta Licosa

Ancora oggi il territorio cilentano è avvolto dal mistero. Secondo la leggenda figure mitologiche, guerrieri e divinità avrebbero popolato questa terra nei tempi antichi.

Il mito greco narra di tre sirene Leucosia (quella che ha candide membra), Partenope (quella che sembra una vergine) e Ligea (la melodiosa dalla voce incantevole) che vivevano sugli scogli della baia di Salerno. Esse rappresentavano una vera e propria minaccia per i marinai, poiché con il loro dolce canto ammaliavano i naviganti del Tirreno portandoli al naufragio e alla morte.
Le tre sirene sarebbero state mutate in uccelli da Demetra per punirle di non aver aiutato la loro compagna di giochi Persefone (figlia di Zeus e Demetra), quando Ade (il dio degli inferi) la rapì mentre insieme a loro stava cogliendo fiori nella pianura di Enna, trascinandola nell’Averno.

Secondo il poeta ellenistico Licofrone invece, quando Ulisse rifiuta di fermarsi al loro canto le costringe al suicidio, gettandosi in mare dall’alto di una rupe i loro corpi sono stati condotti dalle acque in luoghi diversi.Il corpo di Leucosia emerse nelle acque del golfo di Poseidonia (Paestum) da cui il nome di Leucosia dato a un’isoletta presso quella città, Punta Licosa. A Castellabate, dove Leucosia si arenò, ogni anno si tengono i “Concerti sull’acqua” dedicati alla sirena. Le manifestazioni musicali si svolgono dinanzi all’isolotto di Licosa (punta estrema del golfo di Salerno nel comune di Castellabate) con la partecipazione di un complesso di musica sinfonica. In quell’area la memoria della Sirena Leucosia è avvertita sin dall’epoca greco-romana ed è testimoniato anche da una delle quattro porte di Paestum chiamata Porta Serena, aperta a Oriente.

Il mito di Palinuro

Palinuro deriva dal greco “Palinouros”, ovvero “vento contrario”. È il poeta latino Virgilio, nella sua Eneide a raccontare le vicende che avrebbero condotto uno degli eroi della guerra di Troia, Enea, dalla Grecia fino a Roma, dove avrebbe dato vita alla Gens Iulia e fondato la città.
Durante il suo racconto, nel V libro, Virgilio narra la storia di Palinuro, nocchiero di Enea tradito da Dio Sonno e caduto in mare durante una notte di navigazione. Per tre lunghi giorni e tre notti il naufrago si ritrovò dunque in balia della tempesta. Una volta giunto a riva, con il corpo completamente ricoperto di alghe, viene scambiato dagli indigeni del luogo per un mostro marino, di conseguenza ucciso e abbandonato alle intemperie.
Nel VI libro Virgilio ritorna a parlare di Palinuro, a questo punto della narrazione Enea vaga in compagnia della Sibilla, tra le anime degli insepolti. Qui incontra proprio il suo ex nocchiero, il quale prima gli racconta delle sue peripezie e poi gli chiede una degna sepoltura. Enea è pronto a ritornare sul luogo dell’omicidio per rispettare le volontà del suo compagno quando viene bloccato dalla Sibilla, la quale rivela loro che il corpo non potrà mai più essere ritrovato perché preso dal Dio Nettuno ma che comunque i suoi assassini si ricorderanno in eterno di lui. Infatti dovranno dedicargli un cenotafio che prenderà il nome di Palinuro, ad eterna memoria del crimine commesso.
Con il passare del tempo la storia di Palinuro non perderà mai il suo fascino, subendo numerose variazioni. Anche poeti e scrittori nel corso dei secoli sono tornati più volte sulla vicenda. Tra questi Giuseppe Ungaretti che restò talmente colpito dal racconto da dedicare al nocchiero di Enea un suo personale epitaffio:

...Erto più su più mi legava il sonno, / Dietro allo scafo a pezzi della pace / Struggeva gli occhi crudeltà mortale; / Piloto vinto d’un disperso emblema, / Vanità per riaverlo emulai d’onde; / Ma nelle vene già impietriva furia / Crescente d’ultimo e più arcano sonno, / E più su d’onde e emblema della pace / Così divenni furia non mortale.

L’amore incompiuto di Palinuro e Kamaratòn

Al mito di Palinuro è intimamente legato quello di Camerota, comune confinante. Elaborato dal letterato napoletano Berardino Rota, Sylvarum seu Metamorphoseon liber, narra di Kamaratòn, una ninfa del mare tanto bella quanto superba.

Secondo la leggenda, Palinuro si era innamorato della fanciulla, chiedendola in sposa, ma lei lo aveva rifiutato. Respinto con brutalità e freddezza e consumato dal dolore, il nocchiero invocò il dio Sonno, implorandolo di porre fine alle sue sofferenze. Dopo la morte di Palinuro, indignata per il comportamento della bella ninfa, la dea dell’amore Venere decise di punirla, trasformandola in roccia (il promontorio dove oggi sorge la cittadina di Camerota) e condannandola a guardare per l’eternità il suo spasimante respinto.

Così i due giovani, Camerota e Palinuro, restano lì affacciati sul mare, vicini, ma non tanto da potersi incontrare, divisi da una lunga spiaggia, che simboleggia la strada di un amore perduto.

PUNTI DI INTERESSE INERENTI

Alcuni scenari in Realtà Aumentata